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Una settimana da Leon: il Sombrero di Brunamonti, il saluto di Salvo Coppa, il caffè di Silvia Marziali, il sorriso di Giulia

21 Luglio 2024

Non c’è che dire, quello che si chiude oggi nello Stato di Guanajuato, cuore pulsante del Messico, non è destinato a passare alla storia come un Mondiale banale. Di cose, soprattutto alla nostra delegazione ne sono successe diverse, di tempo per annoiarsi non ce n’è stato. Giusto così, la controparte è il privilegio di aver vissuto un’esperienza tecnica e umana rara quanto preziosa, difficilmente replicabile.

Prima di scendere nel dettaglio dei diversi accadimenti, urgono aggiornamenti sulle storie anticipate nelle precedenti puntate: l’incontro a cena tra Arturo Guerrero e Roberto Brunamonti non è ancora avvenuto, per cause di forza maggiore. Una sera “Mano Santa”, peraltro sempre presente alle partite delle Azzurre, è andato a prendere Roberto alla “Domo de Feria Arena” mentre il nostro Capo Delegazione lo attendeva (digiuno) davanti alla reception del nostro albergo. La sera successiva il meeting è saltato per impraticabilità di campo, essendosi abbattuta su Leon una sorta di tempesta accompagnata da un temporale elettrico. Cosa vuol dire? Un lampo e un tuono ogni 5-10 secondi, ma ne parleremo dopo. In attesa della cena, “Mano Santa” ha voluto regalare al suo ex compagno di squadra reatino un Sombrero Azzurro di pregiato valore. Ora il problema sarà come imbarcarlo per i voli di ritorno, a meno che Roberto non si presti a dire in aeroporto che quello è il cappello che indossa normalmente e col quale viaggia in ogni occasione.

A proposito di incontri, particolarmente piacevole è stato quello con Salvo Coppa, figlio del leggendario Santino: Salvo da anni è assistente allenatore in un College statunitense, Arizona, ed è da queste parti insieme a tanti altri coach statunitensi per scovare talenti da reclutare. Ha assistito alle prime tre partite delle Azzurre e salutato il nostro staff tecnico con un affetto speciale per Angela Gianolla, che ha conosciuto e allenato in tante stagioni trascorse insieme a Priolo.

 

La nostra attache Sofia sta imparando a fatica le parole dell’Inno di Mameli, ma partendo dalle strofe finali che pare la appassionino di più. Fossimo stati eliminati dalle prime otto del Mondiale, avremmo dovuto fare i bagagli e spostarci a Irapuato, circa un’ora di strada da Leon. Pericolo scampato, perché in quel caso avremmo dovuto lasciare Sofia a un’altra squadra e a noi ne sarebbe stata assegnata un’altra. La figura dell’attaché in una competizione è centrale, perché un’attaché soprattutto se è brava e “affezionata” come Sofia oltre a farti da interfaccia con FIBA e col Comitato Organizzatore Locale, sa come risolverti problemi in un batter d’occhio. Una Farmacia aperta di notte? Una ginocchiera da comprare al volo? Un caffè che non sia un brodo riscaldato? Sofia c’è. Dopo tanti giorni vissuti 24h in una mezza trincea poi si instaura anche un rapporto di amicizia, al punto che il Canada non ha voluto mollare la propria attache di Irapuato e se l’è portata a Leon di forza. Il risultato? A Irapuato una squadra scoperta, a Leon un attaché disoccupato. Tornando per un attimo alla colonia italiana, non abbiamo ancora avuto modo di incrociare Silvia Marziali, l’arbitro italiano designato per questo Mondiale: nella prima fase ha diretto le gare a Irapuato, ora è a Leon ma in un altro albergo e come avrete avuto modo di capire da queste parti spostarsi non è semplice. Ci ha però raccontato della sua disperata ricerca di un caffè italiano: selezionata tra i migliori arbitri della competizione, è stata designata per la Semifinale tra Spagna e Canada.

Quanto agli accadimenti che hanno colorato il nostro Mondiale, andiamo per ordine. La seconda partita giocata contro il Mali si è rivelata a partire dal terzo quarto una corrida senza senso, e non certo per colpa delle Azzurre che non hanno risposto ad alcuna provocazione e per questo hanno incassato i complimenti della FIBA. Inutile e inelegante tornare nel dettaglio di quanto accaduto, la partita è visibile su YouTube e ognuno potrà farsi un’idea di quanto e di come la partita sia degenerata col passare dei minuti. Come si dice in questi casi, “nessuna giocatrice è stata maltrattata durante questa partita” e quindi tutto è bene quel che finisce bene ma insomma anche la convivenza in albergo con staff e squadra del Mali nei successivi due giorni è stata un pelo delicata.

Giovedì le Azzurre hanno sostenuto l’allenamento pomeridiano nella consueta Practice Venue: qualche minuto dopo l’inizio della sessione su Leon si è scatenata una vera e propria tormenta, fenomeno atmosferico non raro da queste parti vista la serenità dei messicani presenti. In pochi minuti l’acqua è penetrata dal tetto e allagato il parquet, il tetto ha cominciato a scricchiolare sinistramente e poi è saltata la luce. L’ultimo quarto d’ora di allenamento le Azzurre l’hanno trascorso al buio, illuminate dalle torce dei nostri smartphone: alla fine della sessione, un’ora in attesa che la grandine concedesse una tregua e poi breve passeggiata in mezzo a una sorta di lago per prendere il Bus e rientrare in albergo. Alla Francia, che si allenava alla stessa ora è andata peggio: dalla foto capirete perché.

Meno male che in palestra ci ha pensato Antonio Cassano a distrarci dai cattivi pensieri.

Ma veniamo alle cose belle, ovvero a Giulia e alla sua Maglia della Nazionale.
Giulia è una bimba di 11 anni innamorata delle Azzurre: suo papà è italiano e si chiama Luca, da Civitanova Marche si è trasferito 17 anni fa a Leon e qui ha sposato una donna di Città del Messico. La loro è una presenza fissa alle partite dell’Italia, Giulia segue attentissima tutti i timeout e poi si avvicina alla nostra panchina per salutare le Azzurre. Al termine della partita persa con la Francia, ci è toccato asciugare le sue lacrime ma poi le è tornato il sorriso nel momento in cui ha tirato fuori dallo zaino i 12 doni da consegnare alle nostre giocatrici.

Arturo “Mano Santa”, Salvo, il nervosismo del Mali, il caffè di Silvia Marziali, il sorriso tricolore della piccola Giulia, l’uragano. E ora, un sombrero da imbarcare.

Grazie Leon, è stato un Mondiale impossibile da dimenticare.