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Quando un gruppo splende d’Argento…

02 Agosto 2024

Il 13 agosto 2023 rimarrà una data abbastanza memorabile nella storia della pallacanestro italiana. Sicuramente inscalfibile nella traiettoria di una leggenda azzurra come Gigi Datome, che in quella sera di Ravenna dispensava per l’ultima volta la sua classe cestistica su un parquet italiano, anticipando di qualche settimana il confronto mondiale contro Portorico in amichevole.
Facile immaginare, però, come non tutti gli occhi degli spettatori al Pala De André fossero unicamente concentrati su quello che avveniva in campo, tra giocate spettacolari sull’asse Spagnolo-Procida e l’ennesimo showcase offensivo di Simone Fontecchio.
In contemporanea con l’ultimo capitolo su suolo italiano dell’attuale Capo Delegazione azzurro, infatti, andava in scena l’atto conclusivo dell’Europeo Under 16 a Skopje tra i ragazzi di coach Giuseppe Mangone e una Spagna che vantava due Argenti ed un Oro nelle tre edizioni precedenti.
Ci manca ancora un pezzettino, per farci trovare pronti per il prossimo impegno, che è il Mondiale Under 17 2024”, diceva l’allenatore di quel gruppo immediatamente dopo la conclusione di un percorso estivo ricco di emozioni. Il pezzettino è diventato un tassello d’Argento, ancora.
L’ultima volta che una Nazionale azzurra giovanile confermava un risultato simile in competizioni ufficiali FIBA era avvenuta tra 1988 e 1992, quando l’Under 20 era stata in grado di infilare due argenti intervallati da uno splendido Oro in tre Europei di categoria di fila. La talentuosissima classe 2007 ha riscritto la storia del nostro basket, confermando l’argento tra Skopje e Istanbul.

Due storie dell’ultimo argento azzurro

Un biennio felice, certamente. Ma soprattutto due esperienze da cui trarre insegnamenti preziosi; badate bene che quest’ultima frase non si riferisce (solo) ai 14 ragazzi che hanno al collo l’argento. Vale a dire: Mattia Ceccato, Adrian Mathis, Maikcol Perez, Jason Nistrio, Patrick Hassan, Giovanni Granai, Francesco Carnevale, Pablo Abreu, Matteo Accorsi, Luca Bandirali, Achille Lonati, Diego Garavaglia, Brian Angeletti e Luigi Suigo – questi ultimi due new entries rispetto al 2023.
Nelle parole di Giuseppe Mangone c’è tutta la consapevolezza dell’aver non solo insegnato, ma anche appreso. “Lo dico con grande sincerità: noi – includendo tutto il mio staff – abbiamo ricevuto tantissimo da questi ragazzi”, ci dice il Miglior Allenatore della Coppa del Mondo Under 17.

Per dare forma a quello che l’intero coaching staff azzurro ha raccolto in queste due estati, l’imminente Player Development Coach dell’Olimpia Milano sceglie altrettanti esempi precisi. Il primo riguarda Francesco Carnevale, ingranaggio centrale nelle rotazioni di questo gruppo.
Veniva dalla partita con l’Australia dove aveva giocato due minuti, perché per le scelte che avevamo fatto e per come si era incanalata la partita nel secondo tempo, non aveva più giocato. Quindi per lui non è stato facile vivere quei due minuti lì”, ricorda. Il giorno successivo alla vittoria negli Ottavi con gli oceanici, il numero 11 ha impiegato 26:17 minuti sul parquet della Sinan Erdem Dome, chiudendo con 14 degli 85 punti complessivi dell’Italia e facendo muovere la retina in quattro delle sette conclusioni messe a segno dall’arco.
È stato il migliore di quella partita, perché l’ha spaccata”, coach Mangone ricorda della serata di Francesco Carnevale contro Porto Rico, una Nazionale ormai abituale nelle uscite Senior e Junior azzurre degli ultimi due anni. Nel bene e nel male. “L’ho ringraziato ed elogiato davanti a tutti, dopo quella partita e anche alla fine del Mondiale”, aggiunge.
Questo significa farsi trovare pronti dentro a una competizione lunga. Lui è stato bravissimo a superare quella giornata, resettando subito. I compagni sono stati bravissimi; lì si è vista la squadra. Tutti gli sono stati vicino l’indomani, incoraggiandolo e caricandolo, perché avevano visto che il giorno prima aveva sofferto dello scarso impiego”, dice della compattezza della squadra.
Lui ha regalato una prestazione di altissimo livello. Le chiacchiere stanno a zero e alla fine i fatti sono quelli che fanno la differenza. Riuscirci a 16 anni non è così scontato. Tanto di cappello al giocatore e anche alla persona”, Giuseppe Mangone conclude su Francesco Carnevale, prima di raccontare un altro capitolo che sa di riscatto, con l’esempio di Mattia Ceccato.

 

L’anno scorso ha fatto tutto il raduno, è venuto all’Europeo ma ha avuto un impiego limitato. Mattia è un ragazzo che si è sempre distinto per passione, impegno, voglia di migliorare. Ha avuto sempre la stessa faccia, la stessa positività, la stessa voglia, lo stesso entusiasmo. Sempre. Quando veniva e non giocava, quando veniva e giocava poco”, racconta l’allenatore 46enne. Quest’anno, ha raccolto tutti i frutti. “È stato la vera sorpresa del Mondiale, un giocatore solidissimo. Ci ha dato tantissima qualità sui pick and roll, è stato quello che l’ha giocato meglio. La sua determinazione ed impegno l’hanno premiato. Si è fatto trovare non pronto, ma prontissimo. Come un vero giocatore”, continua coach Giuseppe Mangone.

La continuità del gruppo

La dimensione di una Coppa del Mondo, anche a livello giovanile, è differente da quella di un Europeo. A prescindere dal livello delle due competizioni, tra le varie dinamiche intangibili che stanno attorno ad un successo così straordinario, la continuità del gruppo è stata vitale: 10/12 del gruppo argentato in Macedonia del Nord sono stati confermati, e le uniche due aggiunte – Luigi Suigo e Brian Angeletti – non c’erano nel 2023 solo per qualche affaticamento fisico, seppur avessero completato il raduno insieme al resto della squadra. “È stato il fattore decisivo”, coach Mangone dice sul conoscersi reciprocamente. “Il gruppo si conosce a memoria e chiaramente questa cosa ci ha permesso di uscire velocemente da un momento difficile; se ci fossimo conosciuti poco, non credo ce l’avremmo fatta”, continua riferendosi alla sconfitta iniziale contro l’Argentina, prima di dare il via ad un filotto di cinque vittorie consecutive: Turchia, Nuova Zelanda, Australia, Porto Rico e nuovamente Turchia.
In 48 ore abbiamo girato l’inerzia della nostra competizione parlandoci, facendo video individuali, parlando in spogliatoio. I veri protagonisti sono i ragazzi, e anche lì sono stati bravi: hanno fatto riunioni solo tra di loro, cosa non scontata. Il conoscersi per noi è tutto”, prosegue.

Quest’alchimia, poi, si tramutava nella pallacanestro mostrata sul parquet. “Noi siamo una squadra che ha un modo giovanile di giocare: non ci sono chiamate votate all’esecuzione, ma un modo di giocare abbastanza libero. L’equilibrio che hanno trovato tra questa libertà per esaltare le loro qualità e il cercarsi con i passaggi è del tutto naturale”, dice.
A volte, basta solo un approccio leggermente diverso per marcare la differenza. “Amare passarsi la palla è diverso dal doversi passare la palla. Lo fanno non perché glielo dice l’allenatore, ma perché sanno che è una cosa che permette a loro di giocare meglio. Il passaggio è il fondamentale tecnico che equivale al fatto di conoscersi e volersi bene. Quando ci si conosce, ci si vuole bene e ci si stima, uno si passa la palla in maniera vera. Quello che ci ha aiutato”, continua l’allenatore azzurro.

Un altro comune denominatore tra l’Europeo U16 2023 e il Mondiale U17 2024 è la presenza nel miglior quintetto della competizione di Maikcol Perez, trascinatore all-around di questa squadra.
Quasi in doppia doppia di media l’anno scorso (12.7 punti, 9.0 rimbalzi e 2.6 assist a partita), ha compiuto un consistente passo avanti nell’estate turca chiudendo a 14.3 punti, 8.6 rimbalzi e 4.3 assist di media, mettendo a referto la totalità dei suoi tiri dal campo dentro l’area.
Mi sono trovato molto diverso rispetto all’anno scorso. Sono decisamente migliorato fisicamente e con il gioco di squadra”, ci dice senza nascondere alcuni aspetti grigi del suo gioco. Concludendo con un complessivo 0/5 dall’arco ed un 20/41 dalla lunetta, è conscio che una delle situazioni in cui deve migliorare è proprio la qualità delle sue conclusioni. “Posso migliorare molto di più nelle decisioni e sulle letture, anche in tiro e palleggio”, aggiunge l’ala 16enne.
Anche per il giovane azzurro in rampa di lancio la continuità è stata un elemento chiave. “Il fattore gruppo è stato fondamentale, anche l’anno scorso. Cinque siamo di Bassano [Patrick Hassan, Maikcol Perez, Jason Nistrio, Francesco Carnevale e Brian Angeletti], viviamo insieme ed è una famiglia”, commenta sui suoi compagni d’avventura anche al club.
Altri quattro sono dell’Olimpia [Luigi Suigo, Achille Lonati, Diego Garavaglia e Mattia Ceccato], si era proprio divisi in blocchi. Mi sono trovato benissimo in questi due anni. Il gruppo ci ha aiutato soprattutto nei momenti di difficoltà, uscendone fuori come una famiglia”, aggiunge il talentuosissimo nativo della Capitale.

Si chiude (e si apre) un ciclo

In queste due stati, un filo rosso (anzi, azzurro) è caratterizzato da una crescita mentale nell’approcciare il secondo tempo delle partite. “Un momento importante ha riguardato la prima partita con la Turchia, dove prendiamo un parziale di 20-3 nel secondo quarto e per la prima volta nel terzo quarto abbiamo combattuto”, dice coach Mangone.
Il terzo quarto, infatti, è sempre stato un punto debole per questo gruppo. Quest’estate sembrava una tendenza incontrovertibile: tanto nelle tre amichevoli di preparazione quanto nell’esordio contro l’Argentina (19-14 per i sudamericani), l’Italia aveva sofferto uscendo dall’intervallo. Il turning point è però avvenuto nella sfida alla Nuova Zelanda, arrivata immediatamente dopo. “Lì, per quaranta minuti, non abbiamo alzato la testa e abbiamo tenuto un ritmo altissimo, di grande intensità, senza guardare mai il punteggio, senza preoccuparci di nulla. Quello è un momento nel quale ho visto una squadra che è uscita con la faccia già pronta per giocare il giorno dopo”, dice.
In effetti, questi due momenti hanno poi dato forma ad una rimonta solidissima nel terzo quarto contro l’Australia. “L’aver avuto energia positiva dalla partita con la Nuova Zelanda ci ha permesso di non crollare sotto i colpi della frustrazione e continuare a combattere. Alla fine, siamo stati premiati da un finale un po’ rocambolesco ma quantomeno vincente”, ricorda coach Mangone.
Un altro grande ingrediente nella ricetta per questa medaglia d’argento ha riguardato la distribuzione dei minuti: gli unici sotto i dieci minuti di impiego a gara, infatti, sono stati Giovanni Granai (8.1) e Brian Angeletti (9.0). Lo ricorda Maikcol Perez. “La cosa fondamentale che ci ha aiutato è che tutti abbiamo giocato molto. Il gioco di squadra ci ha aiutato ad arrivare a questi due risultati. Ha dato fiducia a tutti”, dice. Il ragazzo che cresce nel mito di Danilo Gallinari e Nicolò Melli sembra già avere la stoffa del leader, sentendo le sue parole. “Secondo me ha aiutato l’esperienza dell’anno prima. C’è stata più intesa, ci conoscevamo molto di più. Sapevamo in casa già cosa avessimo sbagliato, eravamo più pronti”, ricorda Maikcol Perez.

E dire che, insieme ad Adrian Mathis, hanno raggiunto il gruppo all’ultimo secondo. “Gara dopo gara sono rimasti tranquilli e sono arrivati alla fine, dove giustamente a forza di giocare le loro prestazioni sono salite di colpi. Sono rimasti lì con costanza, con voglia, e anche loro sono stati ripagati da un destino felice. Sono riusciti a portare la loro squadra fino in fondo”, ne parla Giuseppe Mangone.
Un’esperienza, questa, che va a chiudere un cerchio, un ciclo. Sono stato molto fiero del percorso che abbiamo fatto. Dall’anno prossimo cambieremo gruppo, l’U18 non avrà più come allenatore Beppe. Un completo cambiamento. Appena è suonata la sirena ho realizzato che era finito un ciclo, si era conclusa un’esperienza”, parola di Maikcol Perez. Ma che bella esperienza.

E l’allenatore votato come migliore dell’intero Mondiale, alla sirena finale contro gli Stati Uniti, a cosa ha pensato? “Siccome crediamo molto nella gratitudine, una cosa che facciamo sempre con questo gruppo è cercare di ringraziarci a vicenda. Noi dello staff che ringraziamo i giocatori per tutto quello che hanno fatto e i ragazzi che dedicano un pensiero allo staff”, dice con emozione.
Per la prima volta hanno affrontato un momento di difficoltà e frustrazione, e quindi avevano la possibilità di scegliere due strade: abbattersi cercando un colpevole, chiudersi pensando che la colpa fosse di un compagno piuttosto che di qualcun latro. La verità invece è che abbiamo scelto semplicemente di lavorare, continuare a fare meglio le nostre cose”, prosegue Mangone.
Questa per me è la cosa più bella di questo torneo: siamo arrivati a un risultato molto positivo passando da un momento molto negativo sportivamente parlando”, dice. “Poteva finire subito, perché poteva finire con l’Australia. Invece siamo arrivati fino in fondo perché abbiamo scelto di continuare a pensare alla pallacanestro. Questa è una cosa che tornerà utile per le loro carriere lavorative, sportive. I problemi si risolvono con il lavoro e non con i processi”, conclude.
L’Italia Under 16 prima e Under 17 poi di Giuseppe Mangone è una squadra vera, viva, che ha combattuto e si è arresa solamente ai dominatori di questo sport, capaci di vincere la settima medaglia d’oro nella Coppa del Mondo di categoria.
È una squadra che vive di episodi simpatici, come Jason Nistrio che perde il laccetto dei pantaloncini e lo viene a portare in panchina dimenticandosi della transizione difensiva. Una serie di amici che si ricorderà non solo di questa medaglia, ma anche e soprattutto di momenti simili.
Questa spedizione Azzurra ha restituito al mondo intero un gruppo coeso, unito, che sa di famiglia. Un gruppo che, esattamente come un anno fa in Europa, splende d’argento nel panorama globale.
Un’Italia su cui porre le basi per vivere altre emozioni in futuro.

                                                                                                                                                          Cesare Milanti