Settore Giovanile
Next Gen U19 Femminile, conosciamole meglio: GEAS, dal 1955 ai vertici del movimento
La Next Gen Under 19 Femminile è la manifestazione introdotta per la prima volta nella stagione 2025/2026 ed organizzata in collaborazione da Federazione Italiana Pallacanestro e Lega Basket Femminile. La formula prevede la disputa di due tappe di qualificazione (la seconda si terrà dal 13 al 15 Marzo 2026) in cui le dodici partecipanti, divise in tre gironi da quattro squadre, disputeranno complessivamente sei partite, al termine delle quali le migliori otto si contenderanno la prima edizione nella Final Eight in programma dal 28 al 30 Maggio 2026. Alle undici squadre selezionate sulla base di un ranking che tiene conto di requisiti quali il campionato di appartenenza della prima squadra, il numero di Finali Nazionali disputate e di giocatrici convocate nelle Nazionali giovanili, è stata aggiunta la SSN Next Gen Team, un roster gestito dal Settore Squadre Nazionali e composto dalle atlete più interessanti selezionate dalle società al di fuori di quelle aventi diritto.
La prima tappa si è disputata a Chiusi e Chianciano e si è conclusa con la seguente classifica:
Girone Verde: Basket Costa 6 (3-0); SSN Next Gen Team 4 (2-1); Faenza Basket Project 2 (1-2); Polisportiva Battipagliese 0 (0-3)
Girone Bianco: Geas Basket Academy 6 (3-0); Futurosa Basket Trieste 4 (2-1); Magnolia Bk Campobasso 2 (1-2); Horus Padova 0 (0-3)
Girone Rosso: Reyer Venezia 4 (2-1); Libertas Moncalieri 4 (2-1); Basket Roma 2 (1-2); Firenze Basketball Academy 2 (1-2)
Tutte le stats della Next Gen U19 femminile sono free su FIP Stats.
Dopo il primo approfondimento sul Basket Costa Masnaga, il viaggio prosegue con un’altra imbattuta del girone di Chiusi e Chianciano: il GEAS BASKET Academy.
LA STORIA
Non è una sorpresa trovare il GEAS imbattuto dopo la prima tappa della Next Gen Femminile. Ma soprattutto, non è una sorpresa trovarlo nell’élite del nostro basket in rosa. Perchè quelle quattro lettere, che stanno per Gruppo Escursionistico Atletico Sportivo (in origine era Sestese), nella pallacanestro femminile italiana ci sono sempre state. Scrivendone alcune delle pagine più gloriose.
Una storia nata nel 1955, sbocciata nel 1966 con la promozione in Serie A ed esplosa con il Grande Geas degli anni ’70, capace sotto la presidenza Azeglio Maumary di vincere sette Scudetti e la storica Coppa dei Campioni del 1978, negli anni in cui a pochi chilometri di distanza Varese dominava allo stesso modo nel maschile, e soprattutto di dare per la prima volta visibilità nazionale anche alla pallacanestro delle donne. E poi una storia consolidata nei decenni a venire, sempre a cavallo tra Serie A e A2, con tante gioie e qualche dolore, uno troppo più forte degli altri: l’improvvisa scomparsa del presidente Natalino Carzaniga, per tutti Nat, alla vigilia dei playoff 2008 di Serie A2, che poche settimane dopo vedranno le rossonere tornare in Serie A. Infine, una storia ripartita nel 2013, con l’autoretrocessione in A3: ma tempo due anni e Sesto era di nuovo lì, al massimo livello, come adesso in cui è tornata anche a giocare in Europa, e come la sua grande storia impone.

Ma a rendere davvero grande il GEAS non sono stati solo i trofei, i numeri, i campionati. Sono state soprattutto le persone. Per esempio Carletto Vignati, l’attuale presidente, che nel 2013 ha scritto un libro insieme a Manuel Beck (si legge integralmente sul sito della società) per raccontare i suoi (primi) cinquant’anni al Geas. Un amore che continua tutt’ora, tutti i giorni, un allenamento dopo l’altro, con l’esigenza di ascoltare direttamente dalla voce dei suoi allenatori come sono andate le partite a cui non ha potuto assistere di persona (solo perchè non ha ancora il dono dell’ubiquità, altrimenti le guarderebbe tutte), o se quella ragazzina di undici anni appena arrivata ha la stoffa per provare a fare la giocatrice.
D’altronde, di talenti a Sesto ne sono passati tanti. E che talenti. Dalla recentemente scomparsa Liliana Bocchi (detta Mabel o semplicemente La Divina), a Rosi Bozzolo, per arrivare all’ultima grande storia targata GEAS: quella di Cecilia Zandalasini, cresciuta sui parquet di Sesto San Giovanni (assieme a Martina Kacerik, oggi nel gruppo della Serie A) per poi diventare la giocatrice-simbolo della pallacanestro femminile italiana, portata anche sul palcoscenico più scintillante di tutti in WNBA.
È il frutto di un lavoro capillare e incessante sul proprio settore giovanile, il vero punto fermo di questa storia. Ha portato 18 trofei nazionali nella bacheca rossonera, è stato e continua a essere prezioso serbatoio da cui attingere per le nostre nazionali giovanili, ma ha soprattutto creato un’identità, un modo di essere. “Una famiglia”, lo definisce Olivia Ostoni, che nonostante vada ancora a scuola è già una veterana del GEAS, di cui è uno dei prospetti più luminosi (anche un bronzo europeo Under 16 nel suo palmares). “Ormai mettere piede in palestra è davvero come entrare in casa: per questo sono sempre rimasta qui. Ho trovato degli allenatori e delle persone uniche: Renata Salvestrini, Paolo Troncato e Luca Beretta sono stati dei punti di riferimento, mi hanno cresciuta. Ma essere in famiglia significa anche dirsi le cose come stanno quando è necessario”.
Si torna sempre lì: alle persone. E alle famiglie, come nel caso di quella Zanotti. Cinzia, una vita sulla panchina del GEAS (prima con il vivaio, ora in prima squadra rinunciando alla corte serrata della Brescia maschile di Serie A) dopo aver indossato l’azzurro da giocatrice in tre edizioni degli Europei. E suo fratello Roberto, vice presidente della GEAS Academy, costola nata lo scorso anno per dare ancora più spessore ai progetti futuri, che prevedono in particolare un impianto di proprietà a Cinisello Balsamo. “Il blasone si sente, ma non basta più: i tempi sono cambiati, bisogna stare al passo e guardare in prospettiva. Però il nome GEAS mantiene ancora un appeal sul movimento femminile, noi cerchiamo di onorarlo con professionalità e abbiamo intrapreso un percorso a step che ci permetta di fare le cose sempre meglio”.
Un progetto di ampio respiro, per una società che sta già tenendo altissimo il proprio nome a livello giovanile. D’altronde negli ultimi anni la vittoria è spesso sfuggita solo a mezzo passo dal traguardo: due Finali Scudetto perse contro Campobasso, quella Under 17 nel 2024 a Roseto dopo un’epica battaglia risolta al supplementare, quella Under 19 l’anno successivo in casa della Magnolia stessa. E un altro podio arrivato pochi mesi fa nella Finale Nazionale Under 17 a Battipaglia, cedendo in una bellissima semifinale alla Reyer Venezia che ha poi conquistato il tricolore. “Chi fa sport agonistico ha degli obiettivi da raggiungere. Il nostro primo è la crescita delle nostre atlete, che non deve obbligatoriamente passare dalle vittorie”, spiega Zanotti. “Poi è ovvio che ci pensiamo e si lavora per cercare di ottenerle, ma senza fare drammi se questo non sempre avviene”.

Lo conferma coach Gabriele Pirola, dalla scorsa stagione riferimento tecnico del settore giovanile GEAS dopo esserlo stato a Costa Masnaga, con due promozioni senior conquistate in sei anni ma soprattutto tante giovani sbocciate sotto la sua guida, e Sanga Milano. “Qui non mi vengono chiesti dei risultati, non esiste questa pressione. C’è solo l’esigenza di lavorare sulla crescita dei gruppi e delle singole ragazze. Lo storico e l’importanza del passato le senti: si arriva con umiltà, ascoltando, ma si è subito trascinati nel grande senso di appartenenza che respiri all’interno di questo club”.
LA NEXT GEN 2025/26
Il percorso netto delle prime tre partite, in cui il GEAS si è imposto 83-35 su Padova, 59-54 su Trieste 71-40 su Campobasso, conferma le potenzialità di un gruppo che ha tutte le carte in regola per essere protagonista fino alla fine. Nonostante le assenze delle lunghe Serena De Lise e Giulia Minora, entrambe alle prese con la riabilitazione dopo un brutto infortunio al crociato (la speranza è di riaverle entrambe nella seconda tappa di marzo), le ragazze di Pirola hanno beneficiato di un organico profondo e attrezzato in tutti i reparti. Alle ‘storiche’ Olivia Ostoni (top-scorer del primo gironcino con 13 punti di media), Francesca Trezzi, Rebecca Bettoni, Giorgia Rovello ed Emilia Magni, anch’essa nazionale di categoria e strepitosa nel successo più difficile contro Trieste con 23 punti di cui 13 nell’ultimo quarto, si sono aggiunti negli ultimi mesi pezzi importanti come Chiara Poma, Cecilia Tibaldi e Arianna Appetiti. L’ex BFM Milano, un’altra di quelle che passa le sue estati vestita d’azzurro, si è integrata al meglio in un gruppo già rodato dagli anni passati: “Conoscevo la maggior parte delle ragazze, avevamo spesso giocato contro ed ero molto attratta da questa società, ma all’inizio avevo un po’ paura a inserirmi. Loro però sono state bravissime, dandomi subito fiducia: fin da subito sembrava che giocassimo insieme da anni”.

Ma un contributo importante l’hanno portato alla causa anche Amanda Ciaravolo, Viola Castillo, Carlotta Fiani e Grace Connelli, tutte rafforzate dall’esperienza accumulata in quella Serie B che da quest’anno è il campionato di riferimento senior per quasi tutte le giovani del gruppo: finora il bilancio di 5 vittorie e 6 sconfitte, ma l’idea secondo coach Pirola era proprio quella di “Confrontarci con un girone probante com’è quello della Lombardia, che permette alle ragazze di affrontare sfide e superare difficoltà maggiori rispetto a quelle dei campionati regionali giovanili, in cui si vinceva quasi sempre. Qui se giochiamo male o sbagliamo qualcosa, perdiamo! Da un lato è frustrante, ma dall’altro ti aiuta molto”.
Oscillare tra un campionato e l’altro non è sempre facile, anche per questioni di abitudine alle compagne. Ma, come spiega Olivia Ostoni, “Il fatto di non allenarci sempre assieme può essere un limite, ma in questi anni è stato spesso uno stimolo a voler superare di squadra questo ‘ostacolo’, compattandoci ancora di più nei momenti importanti delle Finali Nazionali”. E, a giudicare quanto lontano sono arrivati i percorsi degli ultimi anni, ci sono riuscite molto bene.
PAROLA AL PARQUET
“Ho trovato un gruppo già fortemente coeso e amalgamato” prosegue coach Pirola, “Che era però abituato a vincere in maniera ‘giovanile’, mettendo molto la palla a terra e difendendo in modo corretto ma poco fisico. Avevamo bisogno di lavorare maggiormente sull’uso del tiro soprattutto in prospettiva senior, quando si alzerà il livello e non si potranno trovare gli stessi spazi, e a usare più il corpo in difesa. Nella mia esperienza, l’aspetto più importante nella crescita di un’atleta è rompere la barriera del limite che spesso le ragazze si autoimpongono, e tirar fuori da loro il coraggio di crescere facendo cose nuove rispetto alla comfort zone. Le vittorie sono poi spesso arrivate quando si sono sentite in fiducia perchè lavorando sulle cose gliene venivano di nuove, piuttosto che fare sempre le stesse. Ovviamente non dev’essere per forza così, ma avendo sempre allenato gruppi giovani e abbastanza leggeri dal punto di vista fisico, la strada è stata quella”. Considerando il valore dell’organico e la mancanza di un titolo giovanile dal 2014, è logico immaginarsi che un pensiero sulla vittoria finale della competizione ci sia. “È chiaro che alle ragazze arrivare sempre seconde o terze non faccia piacere. Poi ogni anno dipende anche da chi ti trovi davanti: la scorsa finale Under 19 contro Campobasso c’era un’avversaria strutturalmente diversa, ovviamente ci provi ma sai che difficilmente puoi vincere una partita del genere. Nella semifinale Under 17 contro Venezia invece sono mancati piccoli dettagli, specialmente al tiro. Naturalmente tutti vogliamo la vittoria, è normale, ma dev’essere una conseguenza del lavoro più che un’ossessione”.
Alle fatiche quotidiane sul parquet, con allenamenti di tre ore, si aggiunge anche l’impegno scolastico. “Non è facile, soprattutto quest’anno in cui sono la decima in A1 e quindi devo esserci anche in ogni trasferta europea”, ammette Olivia Ostoni. “Ho dovuto fare tante assenze e anche quando ci sono resto indietro rispetto ai miei compagni. Per fortuna ho dei professori comprensivi, che mi permettono di programmare interrogazioni e verifiche. Ci vuole tanta determinazione, ma è la vita che ho scelto e pur se con fatica riesco a gestirla
Anche perchè se da un lato c’è la fatica dall’altro c’è il sogno, come quello esaudito da Arianna Appetiti, anch’essa nel gruppo della A1. “Stare con la Serie A è proprio bello! Io negli scorsi anni guardavo le partite, e in particolare quelle del GEAS: Tinara Moore, Beatrice Attruia … E ora ci diamo il cinque in allenamento. Mi fa strano, mi sento fortunata e cerco di imparare da loro per poi metterlo in pratica nelle mie partite”.

Un sogno che per entrambe prosegue d’estate, in azzurro. “Alla prima convocazione non ci credevo, anche perché l’anno prima ero stata scartata per il Torneo dell’Amicizia. Rappresentare il tuo paese è un qualcosa di incredibile e si fa fatica a realizzarlo, anche dopo essere tornati a casa con una medaglia” ricorda Olivia. Le fa eco Arianna: “Quando venni convocata per la prima volta, coach Roberto Riccardi che era il mio allenatore al BFM mi disse: vedrai che bello quando partirà l’inno nazionale. E aveva proprio ragione: quando ti rendi conto di dove sei e capisci che non è scontato, l’emozione è fortissima”.
Stefano Blois