FEDERAZIONE ITALIANA PALLACANESTRO
Torna

Stories

Italians: Roberto Iezzi, l’Arte del gestire le risorse e del sapersi adattare

17 Dicembre 2024

La buona sorte di una proficua stagione sportiva professionistica dipende da tanti fattori. Da come il coaching staff riesce ad instillare dettami tecnico-tattici, da come la chimica in spogliatoio riesce ad amalgamarsi. Oppure dalla gestione delle rotazioni, dal graduale inserimento a roster di volti nuovi.
Con il progressivo aumentare delle partite da affrontare in campionato, nelle finestre con le rispettive nazionali, ed eventualmente nelle partecipazioni alle coppe europee, un ulteriore componente da non sottovalutare riguarda la corretta preservazione delle energie, la valida amministrazione della condizione fisico-atletica dei giocatori.
Roberto Iezzi lo sa bene, e l’aveva intuito fin da quando i suoi genitori alternavano gli impegni sportivi tra i suoi allenamenti di baseball, il suo amore sportivo primordiale che l’ha accompagnato fino a poco fa, e le partite della Snaidero Udine, da seguire ogni weekend al Palasport Primo Carnera.
Negli occhi, però, non aveva le gesta in maglia arancio di Teoman Alibegovic, Vincenzo Esposito, Sasha Vujacic. Perlomeno prima della palla a due.La tradizione della mia famiglia era di arrivare al palazzetto almeno un’ora e mezza prima della partita e mi affascinava la figura del preparatore atletico. Notavo come avesse un rapporto diverso con i giocatori”, ricorda.
Sognare di lavorare nel mondo dello sport non è di certo un’utopia, ma il suo obiettivo si slegava dalle più classiche e consuete passioni dei più. Non un cestista, ma colui che li aiutava a mettersi nella migliore delle condizioni per performare: questo era il sogno del classe 1986.
Circondato da elastici, conetti e attrezzi in sala pesi, aveva posto le basi per il proprio futuro sui banchi di Scienze Motorie ad Udine, prima di spostarsi allo IUSM di Roma. Da lì, un iniziale approccio al mondo del lavoro nello staff tecnico della Stella Azzurra Roma. E poi Verona e Moncalieri. Se Roberto Iezzi è uno dei volti di Italians, però, è perché ha plasmato la sua figura (anche) all’estero.

Una decisione chiave, nel giro di 48 ore

La chiamata dell’Hapoel Gerusalemme è arrivata all’improvviso. “Ho colto quest’occasione al volo e sarò per sempre grato a Francesco [Cuzzolin] che mi ha dato questa grandissima opportunità”, ricorda. Nel giro di 24-48 ore, la sua compagna di vita Sara ha deciso di seguirlo.

Non era mai stato a Gerusalemme, non ne conosceva le sfaccettature. Ma una serata di ricerche online era bastata prima di entrare a tempo pieno nello staff di Oded Kattash, a stretto contatto con giocatori dalla caratura internazionale come Amar’e Stoudemire, Jeremy Pargo, John Holland, J’Covan Brown. Inoltre, per la prima volta affrontava un doppio impegno settimanale.
È stato un salto nel buio, ma Oded Kattash mi ha messo subito a mio agio. Dal primo giorno si è fidato al 100% di me nonostante fossi un signor nessuno. La stagione prima lavoravo con una squadra di Serie B, e la mia unica esperienza a livello professionistico era stato un anno in Serie A2 con la Tezenis Verona. Si è fidato subito, mi ha dato le chiavi della preparazione della squadra”, dice.
La gestione delle risorse tra campionato e competizioni europee – nello specifico per la sua esperienza con la compagine israeliana tre anni in Basketball Champions League – è solo una virgola nel flusso organizzativo e lavorativo del preparatore atletico.
Bisogna sempre adattarsi al contesto in cui ci si trova”, sottolinea. “Bisogna capire se si gioca una o due competizioni a settimana, o a che tipo di impegno sono stati abituati in passato i giocatori che hai a disposizione. Della loro età, delle loro propensioni, dei loro ritmi. E poi bisogna tenere in conto le richieste dell’allenatore e dello staff: ognuno è diverso, e la sintonia è fondamentale”, aggiunge.
La chiamata per intraprendere arrivò nel pieno dell’estate 2018, mentre era impegnato con la Nazionale italiana per la spedizione lettone ai Campionati Europei U18 – una delle due sue esperienze in Azzurro insieme alla Nazionale U20. Ovviamente, una tale gestione si distacca non poco da quella di un gruppo squadra nel corso di un’intera stagione. Cambia moltissimo”, dice a riguardo.
In un mese e mezzo, le Nazionali giovanili hanno due o tre tornei di preparazione. Non c’è tempo di programmare più di tanto, quindi l’obiettivo principale in quel contesto è quello di cercare di far star bene tutti quanti i giocatori, rendendoli disponibili per tutte le partite in un breve lasso di tempo. Non è immediato, perché ognuno arriva da un contesto differente con il proprio club”.

Mettere in primo piano la comunicazione

Per far sì che, esattamente come coloro che osservava con ammirazione da tifoso di Udine, possa entrare ogni volta in sintonia con i giocatori e gli allenatori, Roberto Iezzi ha sempre posto in primo piano due colonne portanti: la fiducia reciproca e la comunicazione. Il suo lavoro, una volta messo l’accento su una nuova avventura professionale, inizia prima di intraprendere l’esperienza stessa.
La primissima cosa che faccio è raccogliere informazioni sia sull’allenatore che sui giocatori attraverso diverse fonti, principalmente colleghi. Questo mi permette chiaramente di iniziare a capire le loro abitudini, personalità. Ma anche che richieste potrebbero giungere”, sottolinea.
Per stabilire delle interconnessioni intrise di fiducia tanto con il coaching staff quanto con i giocatori a roster, i passi successivi riguardano videochiamate specifiche con i diretti interessati. E l’ascolto – e la produzione – di podcast, l’altra grande passione della sua carriera. Tanto con “Sport Vitamins”, prodotto in inglese, e “Idee in Ghisa”, Roberto Iezzi è riuscito a trarre insegnamenti chiave.
È un modo semplice e molto economico per continuare ad aggiornarmi in continuazione. Ho imparato tantissime cose intervistando professionisti del settore, non solo restringendo il campo alla pallacanestro: preparatori, fisioterapisti, allenatori, dirigenti, giocatori. Persino uno chef. È impagabile trarre degli insegnamenti in questo modo: mi arricchisce molto”, dice.

Parlando di podcast, Roberto Iezzi vanta un “collega” con cui condivide le stesse abitudini lavorative, nell’innovativa ed ambiziosa Dubai: Awudu Abass. È un animale in sala pesi, è un professionista pazzesco e una bella persona. Non potevamo che trovarci bene l’uno con l’altro, lavorare con Abi è veramente semplice: parliamo la stessa lingua, anche in campo”, dice dell’Azzurro.
Dopo un importante e soddisfacente triennio con Alessandro Magro a Brescia, il nativo di Pescara ha accettato la chiamata dagli Emirati Arabi Uniti. Una sfida nuova, in tutti i sensi. “L’esperienza è clamorosa. La possibilità di essere in un club di alto livello nello stesso momento in cui nasce è una cosa che solitamente non succede. Mi sento assolutamente privilegiato”, aggiunge Iezzi.
Ho avuto la possibilità di creare tutto il performance department assolutamente da zero, perché fino a quattro mesi fa non esisteva nulla. Questo è molto significativo e ogni giorno mi dà una carica indescrivibile. Stiamo mettendo le basi per crescere tutti, sia dal punto di vista sportivo che organizzativo: nessun membro dello staff aveva condiviso esperienze lavorative prima d’ora”.
In un contesto in piena e costante evoluzione come quello della pallacanestro internazionale, potersi interfacciare con professionisti provenienti da realtà differenti e variegate tra loro è impagabile.

Roberto Iezzi lo sa bene, e ne sta raccogliendo i frutti. In sala pesi, in palestra, davanti a un microfono.

                                                                                                                                                     Cesare Milanti