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Facce da bronzo: l’eredità tecnica, tattica e spirituale di sei partite indimenticabili
Come si racconta una bella storia, da dove si parte? Dal finale, col piazzato dall’angolo di Cubaj e la rubata di Fassina che hanno fissato il punteggio sul 69-54 per noi? Dall’inizio, con le tre splendide serate di Bologna che ci hanno fatto capire il livello di questa squadra? O da ancora prima, dalle amichevoli di preparazione che ci hanno dato tanto la consapevolezza nei nostri mezzi quanto la capacità di superare i momenti difficili? La tentazione potrebbe essere quella di andare più indietro nel tempo, al primo pomeriggio del 24 giugno 2017 a Praga. A quel fischio, quel fallo antisportivo sanzionato a Zandalasini che ci chiuse la porta del Mondiale 2018, spezzando il cuore di tutti coloro che si erano emozionati a seguire la squadra di Capobianco.
Cecilia e Andrea erano a Praga, erano a Bologna ed erano anche al Pireo, ideale teatro di un cerchio che ha impiegato otto anni a chiudersi. Da un lato una delle cinque migliori marcatrici di EuroBasket Women (seconda, pari merito, considerando chi ha disputato sei partite) e soprattutto una delle cinque scelte per il miglior quintetto della manifestazione come otto anni fa in Repubblica Ceca. Dall’altro il miglior allenatore della competizione, tornato due anni fa alla guida di questa squadra e capace di costruire un capolavoro tattico prima che di gruppo, perfettamente dimostrato dalla partita dell’apoteosi. La più difficile, perché arrivata 48 ore dopo l’altalena emotiva che era stata la Semifinale contro il Belgio poi capace di confermarsi campione d’Europa.
Qualsiasi sia il punto di partenza che preferite per l’inizio di questa storia, è impossibile non passare attraverso una considerazione fondamentale. Nelle sei partite di EuroBasket Women 2025 l’Italia ha raggiunto un risultato a cui non si avvicinava da 30 anni per merito, per essersi dimostrata una solidissima realtà oltre che una grande squadra di pallacanestro. La splendida ciliegina sulla torta – la netta vittoria sulla Francia d’argento a Parigi 2024 e consecutivamente a medaglia in Europa dal 2009 al 2023 – è stata ulteriore conferma, perché arrivata attraverso i punti di forza di questo gruppo che (ed è bellissimo da pensare e dire) ha ancora diversi margini di miglioramento, per sognare ancora.
Prima di tutto la difesa. Già importante nel primo tempo, definitivamente assurta a livello “clinic” nei secondi venti minuti, in cui la Francia ha avuto soltanto una minima fiammata comunque non sufficiente a riportarsi avanti. Un lavoro di squadra, che ha coinvolto tutte le giocatrici ruotate nella ripresa da Capobianco: tutte, nonostante una situazione non ideale per alcune in termini di falli personali, non hanno risparmiato mezza rotazione, mezza lettura sulle linee di passaggio, neanche una lotta sotto canestro o in post contro una squadra importante per atletismo e fisicità. In copertina e negli highlights vanno principalmente i canestri segnati, ma a rivedere il secondo tempo della più bella domenica del basket italiano degli ultimi anni sono davvero tante le perle difensive. Stoppate, rotazioni, intercetti, palloni rubati di puro agonismo. Situazioni che hanno fatto assumere contorni ancora più netti e rotondi alla splendida vittoria valsa una medaglia di bronzo.
I tratti distintivi e decisivi nel riportarci dopo 30 anni sul podio europeo – e dopo 21, in assoluto, senza distinzione di genere e sempre ad Atene – si erano già intravisti più volte e a più riprese nelle cinque partite precedenti, tutte sensibilmente diverse tra loro. Il nostro EuroBasket è iniziato con due vittorie simili tra loro, due partite riprese in mano nel finale dopo non avere tenuto due larghi vantaggi – +15 sulla Serbia, +24 sulla Slovenia – ma riuscendo comunque a trovare, con protagoniste anche diverse, la forza di concludere il lavoro senza soffrire più di tanto negli ultimi possessi. Con la Lituania è invece arrivato il successo della consapevolezza, contro una squadra fisica ed emergente che arrivava all’incrocio con noi con la mente sgombra e due grandi pomeriggi di pallacanestro.
Averle tenute a 51 punti, mostrando progressi importanti nella gestione dei ritmi della partita, è stata più di un’avvisaglia sul livello del gruppo, sui picchi difensivi e di qualità dello stare in campo che potevamo raggiungere. Il modo migliore possibile per arrivare al Pireo, il nostro teatro dei sogni. A cominciare dall’incrocio con la Turchia, in cui abbiamo avuto i primi momenti di difficoltà in termini di punteggio. Al Paladozza siamo stati indietro nel punteggio per un totale di 14 minuti e 10 secondi (su 120’ complessivi), contro le turche ci siamo ritrovati anche sotto di 9 a inizio ripresa, prima di capovolgere la situazione col primo parziale importante della nostra settimana greca. Martedì lo spauracchio principale era Teaira McCowan, che abbiamo progressivamente portato fuori dalla partita tanto da vederla in campo per soli 34” (in cui non ha influito) nel supplementare.
All’americana naturalizzata turca abbiamo opposto lo splendido lavoro in post di Cubaj, poi sublime a prendersi la copertina con quei tre canestri consecutivi capaci di avviare l’opera completata dall’elegante movimento di Zandalasini valso il 76-74 finale. Coach Capobianco, nell’intervista a Sky dopo Italia-Francia, ha sottolineato la capacità della squadra di cambiare più volte il suo abito tattico. E se contro la Turchia è stato clamoroso il lavoro sulle linee di passaggio, con il Belgio ci siamo snaturate per limitare al massimo l’apporto della migliore giocatrice del torneo – per la seconda edizione di fila – ovvero Emma Meesseman. Lavori in single coverage o con raddoppi costanti, accettando di subire di più del previsto dal duo Vanloo-Allemand (comunque limitato a 4/17 da 3 in due). Una partita sofferta, sempre a inseguire, ma che ha comunque prodotto quello che forse è il picco più alto della pallacanestro vista in questi indimenticabili 11 giorni.
Quel 17-0 che non ha poi prodotto un lieto fine, ma che ha fatto definitivamente innamorare un intero paese di questa squadra, capace poi di completare l’opera battendo un’avversaria che non superavamo in gare ufficiali da quasi mezzo secolo. Un parziale che ha emozionato tutti perché non arrivato per caso, ma per pieno merito e quando era meno lecito attenderselo. Che ha avuto diverse protagoniste, tanto attese quanto inattese, un break che grazie alla medaglia di bronzo potrà avere un ricordo più dolce che amaro. Ma qual è, insomma, l’eredità di questa squadra che sicuramente dal Pireo vuole ripartire con ambizione, con fame di obiettivi (a cominciare da un Mondiale da conquistare nelle qualificazioni del prossimo marzo)?
Un gruppo mediamente giovane – soltanto capitan Spreafico è over 30 – che quindi ha auspicabilmente i suoi migliori anni davanti a sé. È bello andare nome per nome, perché una delle grandi ricchezze di questo EuroBasket è che tutte hanno portato il loro mattoncino, hanno avuto almeno un momento magico da conservare in un personale e ideale cassetto dei ricordi. Tutte e 12, ma con più di una menzione obbligatoria a chi ha fatto parte di questo gruppo pur non andando a referto. Valeria Trucco e Martina Kacerik sono state, in ordine di tempo, gli ultimi tagli per scelta tecnica od obbligata. Ma al Paladozza erano a prendere i rimbalzi negli shootaround pre gara, a presenziare ai pre partita parlando del gruppo azzurro, a sostenere le compagne. Come Matilde ed Eleonora Villa, agguerrite tifose da bordocampo anche indossando – come nel caso di Mati con l’11 di Francesca Pan, compagna di squadra a Venezia e al tavolo di burraco con la FIBU – maglie e nomi altrui. Aspetti marginali nel risultato sportivo, ma importanti nel sottolineare l’affiatamento di un gruppo vero.
Stefania Trimboli e Francesca Pasa erano al loro primo grande torneo con la maglia azzurra. E oltre alla medaglia dal Pireo tornano a casa con la consapevolezza, già assunta con alcuni momenti magici al Paladozza (i 10 punti e le giocate difensive con la Serbia per Trimboli, i 15 alla Slovenia per Pasa, che ha finito il torneo nel quintetto iniziale di Capobianco) di far pienamente parte del meglio della nostra pallacanestro. Contro la Francia è tornata a essere importante in attacco anche Sara Madera, a secco di punti con Turchia e Belgio dopo essersi ritagliata delle polaroid importanti a Bologna, soprattutto con Serbia e Slovenia. Sara ha festeggiato il suo compleanno durante EuroBasket come anche capitan Laura Spreafico. Per lei non è stato un torneo facile, con l’infortunio a condizionarla, ma la tripla all’entrata in campo contro il Belgio è comunque un bel ruggito, un bel momento in campo che si accompagna alla leadership fuori dal parquet.
Anche Mariella Santucci ha compiuto gli anni durante questo Europeo, e per la precisione nel giorno dell’esordio nella “sua” Bologna. Un torneo sentito, a cui è arrivata dopo l’infortunio di Matilde Villa e che ha simboleggiato un’altra chiusura del cerchio dopo le lacrime e l’infortunio, subito da lei a sua volta, di Tel Aviv. Istantanee, quelle di Lella, di energia e grinta sui due lati del campo ogni qualvolta è stata chiamata in causa. Come Martina Fassina, sua compagna nel club a Venezia. Fassi ha iniziato il suo Europeo alla terza partita, dopo due “NE” con Serbia e Slovenia, entrando da subito con la voglia di mangiarsi il campo sia contro la Lituania che contro la Turchia. È stata lei la prima anima del clamoroso 17-0 al Belgio di cui parlavamo prima, la prima a ispirare le compagne in campo non soltanto con i canestri ma soprattutto con l’atteggiamento su ogni possesso, su ogni pallone vagante. Contro la Francia la sua produzione offensiva non è stata altrettanto dirompente, ma anche lì sono arrivate una serie di piccole giocate difensive capaci di fare la differenza.
È stato un Europeo ancora più speciale, oltre il campo da gioco, anche per Olbis André. “Padrona di casa” al Paladozza come Santucci, è stata monumentale a rimbalzo – dove le cifre sui 40 minuti, 10.5 di media, sono avvicinabili a quelle delle grandi protagoniste del torneo – e sempre in grado di sommare tante piccole cose determinanti nello svolgimento delle partite, da vera ragioniera della pallacanestro con la sua tranquillità d’animo e la sua determinazione. Ha avuto un rendimento in crescendo sui due lati del campo Francesca Pan: al Paladozza il tiro tendeva a non andare, ma ci sono state anche tante delle sue “piccole cose” in campo nei momenti più difficili a permettere alla squadra di non perdere la bussola dopo le rimonte subite da Serbia e Slovenia. Collante indissolubile di questo gruppo, come le grandi tiratrici FraPan ha atteso il suo momento, e al Pireo è stata tanto importante in attacco (c’è anche una sua tripla in quel 17-0) quanto determinante in difesa, a prescindere dalla forza dell’avversaria diretta. La preparazione azzurra era iniziata con il desiderio di una cheesecake per il compleanno – nelle settimane europee è arrivata anche quella – e si è chiusa con un metallo bellissimo da conservare in casa, con quel pallone strappato di puro agonismo a Lacan a 2’24” dalla sirena.
Importante in attacco e determinante in difesa: descrizione che può adattarsi anche all’Europeo di Jasmine Keys. Soltanto due giocatrici – Meesseman e la turca Uzun – hanno più palloni recuperati di lei, capace di brillare anche per il 53.3% dall’arco (miglior dato tra le azzurre) o per la calma emotiva, “olimpica” nei momenti determinanti, citando per esempio la tripla che ci ha sbloccato contro la Slovenia e quella che ha coronato la rimonta contro la Turchia nel terzo quarto. Anche lei, come diverse sue compagne, con questo Europeo ha fatto un passo in alto verso l’élite della pallacanestro continentale, anche lei ha raggiunto un traguardo che è un grandissimo premio al percorso. Aveva vinto tanto – come diverse compagne nella spedizione italo-ellenica – con le nazionali giovanili Costanza Verona, che come Keys e André abbina questo splendido bronzo allo Scudetto vinto con Schio. L’assenza di Villa implicava maggiori responsabilità per lei in cabina di regia, e Cocca ha risposto presente. Costruendo per le altre ma anche per sé, con le doppie cifre per punti raggiunte contro Turchia e Francia che si sono rivelate fondamentali per i destini azzurri. E onestamente pazienza per il tiro sbagliato nel finale con il Belgio, perché la reazione sportiva e mentale è stata da grande giocatrice, sul campo.
Il definitivo punto esclamativo contro la Francia l’ha messo, come abbiamo visto prima, Lorela Cubaj. E che Europeo è stato il suo. Doppia cifra per punti in cinque partite su sei, la splendida doppia-doppia contro il Belgio, i canestri decisivi contro la Turchia: questi sono i dati statistici o di cronaca. Che aiutano a comprendere l’essenzialità, e irrinunciabilità di una giocatrice come lei per permetterci di adottare diversi vestiti tattici, tutti con un comune denominatore: la sua presenza sotto canestro. Indissolubile e inattaccabile, anche in un paio di momenti in cui si è tremato per un possibile problema fisico poi ampiamente rientrato. Fuori dal campo Lorela si definisce come una ragazza timida, dentro il parquet è una leonessa ruggente. E poi c’è lei, colei che ha chiuso il cerchio tra Praga e Pireo, di quintetto ideale in quintetto ideale.
“There will be time”, il titolo di uno speciale di SkySport fatto su di lei dopo l’Europeo ceco. Ci sarà tempo. In mezzo ci sono state Belgrado, Valencia e Tel Aviv, sempre fermandoci a quel maledetto play-in per l’accesso ai Quarti di finale. C’è stata una maturazione da giocatrice di club, con le esperienze turche e il triennio in quella Virtus che ha reso Bologna anche la “sua” città, come per le native Santucci e André. Con le istantanee dell’EuroBasket 2025 di Cecilia Zandalasini ci si potrebbe costruire un film, perché è stato finalmente il suo tempo, il suo momento. Tra l’Italia e la Grecia Ceci è stata finalizzatrice, sintesi, trascinatrice, collante, leader tecnica e anche tattica, capace alla lunga di trovare sempre una risposta alle asfissianti difese avversarie che in lei identificavano il pericolo pubblico numero uno. Sono tanti i momenti che si potrebbero scegliere per sintetizzare il suo Europeo, impresa assai ardua. Ci viene incontro, però, il finale di questa storia. Perché la combo tra la stoppata da dietro su Salaun e la tripla da otto metri a sbloccare quel 52-56 che perdurava da diversi possessi è stato quando abbiamo iniziato a capire davvero che sì, era arrivato il momento. Il nostro momento, quello di uno splendido e indimenticabile bronzo.