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L’EA7 Olimpia Milano e gli Scudetti Giovanili “figli” del Minibasket

09 Maggio 2025

Quando si parla di Settore Giovanile di uno sport di squadra il concetto di vittoria è molto relativo. Contano altre cose: la crescita tecnica, quella umana, il saper indirizzare le abilità individuali all’interno di un gruppo. Poi, in un secondo momento, arrivano le vittorie che servono soprattutto per dare sostanza immediata ad un lavoro certosino i cui risultati si vedono nel tempo. Ecco, il tempo, quello necessario affinché dei bambini si conoscano, imparino a stare insieme e a giocare insieme e infine a vincere due scudetti Under 19 di fila. È quanto accaduto all’Olimpia Milano che domenica a Roma ha conquistato il titolo battendo in finale Trento con la particolarità di schierare 7 ragazzi su 12 (Riccardo Casella, Diego Garavaglia, Achille Lonati, Guglielmo Youssef, Jacopo Alberti, Giovanni Cortellino, Omar Karem) che il proprio percorso cestistico l’hanno iniziato dal Minibasket del club.

Davide Losi è il dirigente responsabile del Settore giovanile e fa parte del progetto sin dall’inizio, da quando 13 anni fa l’Olimpia decise di aprire la sezione Minibasket.Per noi significava poter dare un’ulteriore profondità triennale al percorso che si poteva fare con i ragazzi delle giovanili. Abbiamo deciso di fare una squadra per ogni annata e questo ha comportato dover fare selezioni potendo avere al massimo 20 bambini per annata, appunto, con l’idea di fargli fare comunque tutto il percorso nel minibasket. Man mano che siamo andati avanti con il progetto ci siamo accorti che questo lavoro aveva senso e dava i suoi frutti, soprattutto ci permetteva di avere bambini già pronti per il giovanile come lo intendevamo noi e ci poteva dare una continuità utilissima”.
Losi peraltro conosce molto bene il Minibasket, essendo stato coinvolto anche a livello regionale e nazionale, ed ha un’idea ben precisa su come debba funzionare: Sposo in pieno il modello del responsabile FIP Maurizio Cremonini: i bambini non vanno trattati come se fossero recipienti da riempire con le cose ritenute importanti. Il bambino è l’attore principale, bisogna farlo divertire e allo stesso tempo dargli gli strumenti necessari per giocare a pallacanestro senza impostarlo come fosse un robot. Come dice Julio Velasco non c’è una cosa più seria di un bambino che gioca: vuol dire salvaguardare l’aspetto ludico dando le giuste indicazioni tecniche”.

Questi ragazzi Losi li ha letteralmente visti crescere, c’è in lui un inevitabile coinvolgimento emotivo particolare: Quello che mi ha dato e mi dà più soddisfazione è vederli giocare, sono davvero un piacere. Credo che il segreto del gruppo è di essere realmente un gruppo, reso possibile dal fatto che in tanti si conoscano da quando erano piccoli. Questo dato però non lo rende chiuso: i ragazzi che abbiamo inserito di volta in volta si sono trovati bene perché l’accoglienza e lo stare bene insieme sono parte integrante del loro modo di vivere la squadra. Ci sono anche tante individualità importanti, ma ognuno privilegia l’interesse del collettivo a scapito della ricerca dei due punti in più nel tabellino”.

Dall’estate del 2022 a guidare dalla panchina i ragazzi c’è Michele Catalani, allenatore anche di Oleggio in B Interregionale dove giocano i ragazzi dell’U19 dell’Olimpia. Classe ’84, un passato a Siena, alla Stella Azzurra, a Lucca e ad Agrigento facendo la spola tra prime squadre e giovanili, Catalani si è ritrovato tra le mani una squadra che per la maggior parte dei suoi componenti aveva già percorso molti chilometri fianco a fianco. Ed è stato facile inserirmi non tanto per le questioni tecniche quanto perché sono un gruppo con un’identità ben precisa. Al di là di quello che hanno portato in campo hanno abitudini e modi di stare insieme consolidati, ci sono personalità positive oltre il talento cestistico. È una squadra nella quale difficilmente si sono visti atteggiamenti negativi e questo mi soddisfa per certi versi più della vittoria”.
Dei Lonati, dei Garavaglia, dei Suigo si parla ormai con grande frequenza ed è anche questo un aspetto su cui lavorare quotidianamente. “Cerchiamo di tenerli il più possibile con i piedi per terra e in questo il club ci aiuta molto nel dare il supporto necessario anche oltre la pallacanestro. Durante l’anno i ragazzi hanno avuto spesso bisogno di confrontarsi e qui dentro hanno sempre trovato delle persone che gli hanno dato i giusti riferimenti, in primis Ettore Messina. Certo, l’attenzione mediatica su di loro è aumentata ma non ha modificato la loro etica del lavoro. Prendiamo Luigi Suigo che per ovvi motivi fisici è uno dei più chiacchierati; bene, in questi anni ha fatto una crescita tecnica e tattica enorme. L’anno scorso per tenere alta l’intensità ed essere competitivi giocavamo meglio piccoli anche perché la sua efficacia era relativa, lo abbiamo aspettato sviluppando il lavoro che gli serviva e quest’anno senza di lui non potevamo stare in campo”.
Dicevamo in apertura: la vittoria nelle giovanili conta, ma meno di altri aspetti. E su questo Catalani fa un esempio concreto:L’anno scorso il gruppo 2007 conquistò l’accesso alla Final Eight di Next Gen di Euroleague e abbiamo preferito dare priorità a quello e non alle contemporanee finali Under 17. Per noi era necessario dargli quella vetrina, pensare al bene e all’interesse dei ragazzi anche sacrificando un possibile scudetto perché le carriere si costruiscono anche in questo modo. Il nostro occhio è sempre orientato a capire quale direzione sia la migliore per i singoli. D’altronde per noi l’obiettivo è ricominciare a produrre giocatori che magari non saranno pronti per la prima squadra nell’immediato ma che abbiano comunque un’identità e che si riconoscano nei valori del club. Ci piacerebbe che ci siano tanti Giordano Bortolani che è andato in giro, ha fatto le sue esperienze e poi è tornato”.

Naturalmente in tutto questo vortice di pallacanestro, vittorie, allenamenti con la prima squadra dell’Olimpia non passa in secondo piano la scuola. Penso – ci dice Davide Losi – che fare basket e sport in generale a questi livelli porti vantaggio anche a livello scolastico. L’unica cosa che chiediamo è che la scuola capisca la realtà del singolo studente, senza naturalmente privilegiarlo ma venendogli incontro”.

                                                                                                                                                     Dario Ronzulli