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Italbasket100

Davide Ancilotto è ancora con noi, "vive in chi ama giocare a basket"

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05 Gennaio 2021

Domenica scorsa Davide Ancilotto avrebbe compiuto 47 anni.

A distanza di 24 anni da quel tragico pomeriggio di Gubbio che ce lo portò via, ancora oggi il mondo della pallacanestro lo ha celebrato, salutato, pianto. Una vita che si spegne a 23 anni genera sempre angoscia e sconcerto, la scomparsa di Davide ha lasciato un vuoto incolmabile nel cuore della pallacanestro italiana se è vero che alcune curve dei nostri palazzetti hanno preso il suo nome, se è vero che il suo numero 4 è stato ritirato, se è vero che dopo la Fondazione a lui intitolata si è venuta a creare un'Associazione (4nci) che tutti gli anni dal 1997 lo ha ricordato attraverso l'organizzazione di un torneo all'aperto nella sua Mestre. Anzi nel suo playground.

E una grande verità c'è scritta proprio nell'homepage del sito 4nci: "Davide non si limita al ricordo, agli almanacchi o al nome di curve nei palazzetti. Davide vive in chi ama giocare a basket".

Perché citando il Marty McFly di "Ritorno al Futuro", vedendo giocare Davide Ancilotto era facile pensare: "Non siete ancora pronti per questo Basket... ma ai vostri figli piacerà!": Davide era un playmaker di due metri abbondanti, capace di trovare il canestro in ogni modo e da ogni zona del campo, jazzista sopraffino che seguiva lo spartito della sfida in corso ma poi amava improvvisare e partire con i suoi "assolo".

Talento cristallino con pochi precedenti, tra i tanti rimpianti ci resta quello di aver visto solo la punta dell'iceberg di un giocatore e di un uomo che a 23 anni non poteva che essere in divenire.

Mestrino di nascita, da giovanissimo provò anche col calcio sostenendo un test per il Torino, poi nel 1988 Pieraldo Celada lo portò con sé a Desio. Un anno in prestito alla Glaxo Verona al fianco di Drazen Dalipagic e a 16 anni il viaggio verso Caserta, dove il primo anno assistette al primo scudetto della Juve. La stagione 94-95 fu quella della consacrazione, 14.2 punti di media in 33 partite nel campionato di A2, al punto che in estate Ettore Messina lo convocò in Nazionale per un collegiale. I suoi compagni in Azzurro? Poca roba... Gregor Fucka, Carlton Myers e Denis Marconato.

L'anno successivo Davide sposò il progetto tecnico di Pistoia affidato a Dule Vujosevic, uno che in passato al Partizan Belgrado si era occupato della crescita di leggende come Divac, Danilovic, Paspalj e Djordjevic. Tra i due si creò spontaneamente un rapporto simile a quello padre-figlio. Il coach montenegrino non gli risparmiava allenamenti massacranti a orari improbabili, Ancilotto lo cercava con lo sguardo dopo ogni canestro e a ogni errore, in attesa di una parola, un rimprovero, un consiglio. Ne uscì una stagione da protagonista del campionato di A1, 16.7 punti in 31' di media (57% da 2, 38% da tre), con Pistoia che per la prima volta nella sua storia volò in Coppa Korac.

L'estate 1996 era sul punto di firmare per Badalona ma nella trattativa irruppe Giorgio Corbelli, che lo portò a Roma per sostituire Hugo Sconochini. Alla Telemarket le cose non filarono lisce, Davide saltò due mesi per un infortunio e rientrò in anticipo rispetto ai tempi prestabiliti: il Palaeur fece comunque in tempo a innamorarsi della sua andatura dinoccolata, a cui spesso faceva seguire una magia. "Ma come ha fatto?".

Nei playoff Roma si fermò contro la Kinder Bologna, in estate Ancilotto si chiuse in palestra per recuperare la migliore condizione. Ricorda Walter Magnifico: "Appena arrivato a Roma cercavo casa. Avevo giocato contro Davide ma non lo conoscevo, dopo qualche giorno di raduno mi disse: "vieni a stare da me finchè non ti sistemi". Sono rimasto a casa sua fino al giorno in cui si è sentito male. Era una bella persona, uno che divideva tutto con gli altri”.

Il 16 agosto 1997 Davide accusò un malore nel palazzetto di Gubbio, pochi minuti dopo l'inizio dell'amichevole contro Nancy.

Non ci possono essere parole giuste per descrivere una tragedia così sbagliata.

Davide ora riposa nel piccolo cimitero di Favaro Veneto, vegliato da un angioletto che papà Giovanni ha lasciato sulla sua lapide, oltre a "continuare a vivere in chi ama giocare a basket".

“Buonanotte, Maestro!”. Così lo salutò Dule Vujosevic.

Impossibile fare di meglio.

Ufficio Stampa Fip

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